LA RIVOLTA DEGLI ANIMALI
Sorgeva nella pianura lucchese, appena fuori delle mura
della città, un bellissimo e grande castello.
Come si usava allora, appena si era varcato il ponte levatoio,
prima di arrivare al palazzo vero e proprio, si incontravano
altre costruzioni, quasi sempre di difesa e destinate ai
soldati, ma anche casupole riservate ai contadini al servizio
del signore.
Costoro allevavano animali soprattutto da cortile in gran
quantità, anche se quasi tutti i giorni dal contado
salivano altri servi a donare bestie, cacciagione e grano.
Maiali, oche, galline, conigli, fagiani, tacchini erano
le vittime più ricercate.
Trascorrevano la loro giornata nell'ansia che fosse l'ultima
della loro vita!
Quando il bifolco si avvicinava tremavano di spavento. C'era
chi fuggiva, sperando di salvarsi, e c'era chi, invece,
riusciva a nascondersi dentro la stalla tra le zampe del
bue, e se ne restava lì immobile, illudendosi di
farla franca.
Ma a qualcuno purtroppo ogni giorno toccava di morire.
A volte venivano a cacciarli anche in due o tre. E allora
non c'era proprio speranza di cavarsela.
Così un giorno, mentre tutti insieme se ne stavano
nel cortile a godersi il sole, alla gallina venne un'idea.
"Perché non scappiamo?"
"Ma che dici!" si risentì subito l'oca,
alla quale faceva paura anche solo il pensiero di sobbarcarsi
la fatica di una difficile fuga.
Il coniglio cominciò a battere i denti.
"Ma che idea è mai questa! Siete impazziti tutti
quanti?"
Furono invece d'accordo e lo proclamarono ad alta voce i
gruppi dei fagiani, dei tacchini e delle anatre.
Il maiale si trovava più lontano. Non aveva sentito
niente.
La gallina lo chiamò.
Il maiale si limitò a voltare pigramente solo la
testa verso di lei, seduto com'era tra i suoi porcellini.
Allora la gallina lo scosse con un urlo.
Gli gridò che non era tempo di poltrire, e che trascinasse
fino a lei e agli altri compagni quella ingombrante massa
di lardo.
"Proprio a te" gli disse, sventolandogli le ali
sul viso quando gli fu davanti "dovrebbero interessare
questi nostri discorsi, che sei il più ricercato
alla tavola del padrone. Non vedi che sei bell'e pronto
per il fuoco della sua cucina?"
"Non mi merito affatto i tuoi rimproveri" la redarguì
molto sorpreso il maiale, che già si era disteso,
però, e sbadigliava.
Ma quando gli altri gli esposero il loro piano, e soprattutto
gli manifestarono la loro insofferenza per quella vita tribolata,
anche il maiale convenne che si trattava di un'idea coraggiosa,
che meritava la più grande attenzione.
Perciò quella prima sera, calato il buio, si radunarono
nella stalla attorno ai buoi e alle mucche che stavano ancora
ruminando.
"Bisogna decidersi in fretta perché già
domani qualcuno di noi non ci sarà più."
"Usciremo a piccoli gruppi dalla porta laterale che
dà verso il bosco. È poco sorvegliata. Di
sera non sarà difficile nascondersi dietro il grosso
portone e attendere l'occasione buona per allontanarci."
"Vieni anche tu" disse la gallina al bue, sotto
le cui zampe si era ben riparata.
"Sì sì" fecero tutti gli altri,
alzando gli occhi verso quei grossi animali. "Venite
anche voi!"
Ma se fare uscire una gallina dal castello era pur sempre
un'impresa disperata, come avrebbe fatto a passare inosservato
un bue?
Lo fece notare proprio il maiale, che già stava pensando
alle difficoltà che gli procurava la sua grossa mole.
La quale era nulla a confronto di quella del bue.
"Vorrei tanto venire con voi" si lasciò
scappare il bue, che vagheggiava anche lui una vita spensierata
all'aria aperta.
"Ci raggiungerai coi tuoi compagni in un secondo tempo,
quando ci saremo organizzati sulla collina" lo consolò
il maiale.
Così il giorno seguente, dopo una mattinata trascorsa
a perfezionare il progetto di fuga, quando calò la
sera, pochi per volta, piano piano, di soppiatto, si avviarono
verso quella porta secondaria, che sempre rimaneva spalancata
fino a tardi.
Le guardie non c'erano, e una stava seduta poco distante,
distratta dal gioco di un gruppo di bambini. Rideva a crepapelle.
Così, fu fin troppo facile abbandonare quella loro
prigione.
Non lo avrebbero potuto mai immaginare che tutto sarebbe
andato liscio come l'olio.
Appena fuori nei campi, infatti, favoriti dall'oscurità,
si diressero di corsa verso la vicina collina, e raggiunti
i primi arbusti, i primi rovi, lì si fermarono ad
attendere gli altri compagni.
Sentivano in quel momento di avercela proprio fatta e che
non li avrebbe potuti scoprire più nessuno!
Anche il gruppo dei maiali riuscì a sbrigarsela con
relativa facilità, sebbene dietro il portone fosse
veramente scomodo stare nascosti uno alla volta, in attesa
del momento propizio!
Infine, quando tutti gli animali furono giunti, si rallegrarono
di quel primo successo e decisero di mettersi in cammino.
Ora anche il maiale procedeva pomposamente e pareva già
godere di quella dilagante libertà.
Apriva la strada la gallina. A lei tutti riconoscevano il
merito dell'impresa. La guardavano con molto rispetto.
Saliti un bel po' in alto, il bosco s'infittiva.
Camminavano sotto alberi bellissimi, dalle chiome spiegate
al vento.
Per quei fuggiaschi in cerca della libertà, tutto
ciò sembrava un sogno.
Lo spettacolo che si apriva davanti ai loro occhi era così
incantevole che doveva sicuramente trattarsi del loro paradiso,
pensavano.
Ora toccava al maiale, bello tronfio, dritto sulle zampe,
a battere la strada.
Dietro aveva i suoi porcellini tutti contenti, che di quando
in quando però se ne andavano in giro a curiosare.
Giunsero, infine, quasi sulla cima.
"Fermiamoci qua" suggerì la gallina.
Un po' per la stanchezza, un po' perché il luogo
era davvero incantevole, tutti subito acconsentirono.
Si abbandonarono al piacere del riposo.
Ci fu chi si buttò a terra proprio nel punto in cui
s'era fermato, senza fare un solo passo in più.
Che esercito di sbandati!
Ma il bello, anzi il brutto, il più difficile, doveva
ancora incominciare.
Non c'era più infatti il bifolco ad assisterli. Il
cibo dovevano procurarselo da sé!
"Faremo come gli altri animali che vivono in libertà"
disse il fagiano, che avvertiva forse più di tutti
il piacere di quella nuova vita.
"Ci organizzeremo" aggiunse la gallina.
E così il giorno dopo, al mattino molto presto, tutti
furono in piedi a lavorare.
Un gruppo fu incaricato di andare in giro per il bosco a
cercare del cibo, un altro di procurare l'occorrente per
costruire un rifugio che li proteggesse dai pericoli della
notte, altri si misero a fare pulizia.
Intanto, qualche uccello che volava in quei paraggi li vide,
e rimase stupito di incontrare tutta quella gente.
In principio se ne stette zitto zitto sull'albero a spiare,
poi pensò bene di volarsene via ad informare i compagni.
Così nel bosco si diffuse rapidamente la notizia
di quel gruppo di fuggiaschi, e da ogni parte accorsero,
dapprima gli uccelli e poi anche gli altri animali.
"Ma che cosa avete intenzione di fare quassù?"
domandò al fagiano un grosso merlo nero.
E il fagiano narrò per filo e per segno, aiutato
dalla gallina, com'erano andate le cose.
Ci fu meraviglia e anche tanta ammirazione per quell'impresa
coraggiosa che li aveva esposti a molti rischi.
"È bello vivere in libertà..." confidò
con un lungo sospiro la lepre al coniglio.
Il maiale volle sapere come facevano a procurarsi il cibo
tutti i giorni.
"Qui non manca niente. Basta andare un po' in giro
per trovarne" li rassicurò il piccolo passerotto.
In quei primi giorni ebbero così l'aiuto necessario
dai nuovi amici che abitavano quel bosco, i quali fecero
a gara per insegnare loro in fretta tutti i segreti e le
attenzioni che richiedeva un'esistenza libera.
Cominciarono però anche i guai.
Infatti, una volta costruito il rifugio comune, ci fu chi
non si accontentò del posto assegnatogli e preferiva
dormire magari all'angolo opposto, dove se ne stava comodamente
insediato un altro animale, che non ci pensava proprio a
lasciarsi cacciar via!
Oppure litigavano per i bocconi di cibo più prelibati,
o sui turni delle pulizie, e chi più ne ha, più
ne metta.
Ci fu anche chi, non sentendosi accontentato, minacciò
di abbandonare i compagni.
"Noi tacchini ce ne andremo tutti, se continuerete
ad approfittare di noi."
Neppure i conigli erano soddisfatti, sebbene avessero tanta
paura a rimanere soli, e un giorno anch'essi protestarono
che non sarebbero restati un giorno di più, se le
galline avessero continuato a rubare il cibo.
La moglie del maiale, la scrofa, suggerì che bisognava
darsi un'organizzazione, se si voleva evitare il malcontento.
Approvarono tutti, e la scrofa, che aveva già in
mente qualcosa, espose il suo piano.
"Nomineremo un capo che darà ordini a tutti.
Se qualcuno avrà da protestare su qualcosa, lo farà
davanti ad un comitato costituito da alcuni di noi."
"Chi farà parte del comitato?" domandò
subito il coniglio, che già aveva delle lagnanze
da presentare.
"Toccherà a noi eleggerne i componenti"
precisò la scrofa, la quale suggerì anche
di nominare come presidente suo marito, il grosso maiale,
che lei assicurava essere in grado di mantenere l'ordine
in quel luogo. E così dicendo, volse con tenerezza
lo sguardo a lui che se ne stava sdraiato poco distante.
Il maiale scosse subito la testa, e fece intendere alla
sua sposa che quel posto proprio non gli interessava, e
che gli pareva assai meglio non occuparsene affatto dei
problemi altrui. Quelli della sua famiglia erano più
che sufficienti a rendergli complicata la vita!
Ma la cara mogliettina insisté a tal punto, e così
teneramente lo implorò, che quel grosso pancione
alla fine dovette cedere.
Venne eletto anche il comitato, che fu composto da un tacchino,
da un fagiano e da una piccola anatra.
In verità, quella modesta e rudimentale organizzazione
portò subito i suoi frutti.
Scomparvero le liti e ogni cosa prese a funzionare meravigliosamente.
Ora si cantava sempre più spesso nel campo e c'era
molta più allegria di prima.
Si trovò il tempo anche di ricevere gli amici di
quel bosco e di fare una vera e propria festa in ringraziamento
della collaborazione ricevuta.
Il numero dei loro amici si era intanto vistosamente accresciuto.
Anche dagli altri boschi, dalla grande foresta vicina, tanti
erano accorsi a vedere, e tutti continuavano a testimoniare
grande ammirazione per quell'impresa.
Si poteva dire che fossero riusciti, finalmente, ad organizzare
la vita di una simpatica comunità!
La frequentazione divenne più assidua, ricevettero
visite provenienti da ogni parte. Pure degli orsi vennero
a trovarli. Eppoi le volpi! Sì, proprio loro. E anche
dei lupi! Erano venuti con altri scopi, come si può
immaginare, ma quando si trovarono in mezzo a quell'allegria
spontanea, a quella gioia che si trasmetteva facilmente
a tutti, restarono sbigottiti. Forzando un po' la loro natura,
pensarono bene di lasciarli in pace.
Vennero i cinghiali, delle capre selvatiche, i daini, le
marmotte, gli scoiattoli, alcune civette, i ghiri, insomma
ogni specie di animali si sentì attratta da quella
compagnia.
La vita vi scorreva lieta e spensierata.
Intanto, al castello, quella sparizione improvvisa di animali
non era passata inosservata.
Il signore chiamò i bifolchi e chiese conto dell'accaduto.
Ma essi non sapevano che dire.
"Ma come?" urlava il padrone "Sono spariti
più di cento animali e nessuno di voi sa dirmi niente!"
Chiamò le guardie, ma anche queste cadevano dalle
nuvole.
Ordinò di mettersi alla ricerca degli animali.
"Guai se non me li riporterete qui. Domandate dappertutto.
Qualcuno deve pur aver visto più di cento animali
in fuga!"
Si cominciò a frugare fuori del castello, nella pianura
e nei boschi vicini.
Giungeva a volte, lassù al rifugio, il latrato dei
cani che annusavano la terra.
Fu un pettirosso a dare per primo l'allarme.
"Domani arriveranno quassù!"
"Stanno perlustrando la collina vicina" aggiunse
un tordo, arrivato di corsa subito dopo.
Il maiale radunò tutti.
"Ci nasconderemo" decisero.
L'indomani stettero sul chi va là.
Il coniglio si era appostato dietro una siepe in avanscoperta,
e insieme a lui stava la piccola lepre, che aveva giurato
di non lasciarlo solo in quei terribili momenti.
Sugli alberi, pronti a dare l'allarme, si erano radunati
gli uccelli.
"Eccoli, eccoli!" si sentì alla fine gridare
da un ramo.
Di lì a poco sopraggiunsero i primi latrati, e si
udirono le voci dei soldati.
Gli animali, intanto, si erano nascosti nei nascondigli
meglio riparati alla vista e all'odorato dei cani. Erano
stati i loro amici della foresta a indicarglieli.
Se ne stavano zitti zitti acquattati.
Giunsero i cani, infine.
Abbaiavano più forte, si erano di più agitati.
"Sono stati qui!" esclamò un soldato, quando
scorse la loro grande casa di legno.
"Cerchiamo qua intorno. Non devono essere lontani."
I cani tiravano il guinzaglio. Avevano fretta di scavare,
di annusare.
Nei loro nascondigli, i fuggiaschi tremavano di paura.
Qualcuno non aveva nemmeno il coraggio di spiare, serrava
gli occhi!
La scrofa teneva stretti a sé i suoi porcellini terrorizzati.
"Maledizione!" esclamò infine un soldato
"Dove mai si saranno cacciati?"
Alla fine, dopo aver frugato inutilmente in lungo e in largo,
decisero di andarsene.
I cani invece volevano ancora restare.
Li zittirono con urla e colpi di frusta.
"Ritorneremo domani."
"Abbattiamo intanto questa casa" disse un altro.
La grande casa si afflosciò come fosse stata di paglia.
Videro tutto questo gli uccelli appollaiati sui rami intorno
al rifugio, zitti anch'essi, addolorati per quanto stava
accadendo sotto i loro occhi.
Quando i soldati furono finalmente lontani coi loro cani,
tutti uscirono fuori dai nascondigli e si radunarono davanti
alla casa distrutta.
Stavano sparsi per terra i legni costati tanta fatica!
Il maiale cercò di dare conforto.
Ma la gallina non lo lasciò finire.
Con le ali sui fianchi, piena di stizza, si voltò
verso i compagni e pronunciò una tale invettiva contro
il padrone e i suoi spietati scherani che alla fine tutti
gli animali si sentirono presi dal desiderio di farsi giustizia.
Applaudirono anche gli uccelli, che promisero il loro aiuto,
e subito se ne volarono nel cielo, chi prendendo una direzione,
chi un'altra.
"Chiederemo aiuto a tutti i compagni della foresta.
Anche agli orsi. E anche i cinghiali dovranno venire"
urlò il tordo pieno di rabbia, mentre spiccava il
volo dal ramo.
Ed ecco infatti la sorpresa, il fatto sovrannaturale! Che
riguarda proprio il modo di quella vendetta, veramente straordinario.
Il mattino dopo, un viaggiatore che si recava al castello
quale ospite del signore, con sua meraviglia non riesce
a scorgerlo.
Si guarda intorno.
Addirittura controlla la mappa che ha con sé.
Alza gli occhi al sole, verifica il luogo, riconosce le
colline che fanno corona alla città di Lucca. Scorge
le sue Mura.
Ma il castello che stava proprio davanti alle Mura non c'è
più!
Resosi conto del prodigio, lesto sprona il cavallo.
Varca la porta che introduce alla città.
Qui nota un subbuglio insolito, e apprende che anche in
città si è saputo della improvvisa sparizione
del castello.
Nessuno però sa dare a tutto ciò una spiegazione
ragionevole.
Così, dopo quei primi giorni di sgomento, di incredulità,
alla fine la gente cominciò a pensare che forse il
castello non era mai esistito, e presto lo dimenticò.
Proprio così! Avete inteso molto bene: lo dimenticò!
Dunque, il desiderio della libertà non solo aveva
finalmente vinto, ma aveva vinto a quel modo! Quale punizione
maggiore, infatti, avrebbe potuto colpire il castello e
il suo crudele signore, se non quella dell'oblio?
Quei minuscoli animali impauriti non avevano chiesto aiuto
a nessuno. Spontaneamente ne avevano ricevuto. E questo
era già di per sé molto bello, e da solo sarebbe
bastato a generare la loro felicità. Ma ricevere
un aiuto tanto grande da riuscire a cancellare dalla mente
umana tutto ciò che aveva rappresentato il loro passato
di schiavitù, beh, di arrivare addirittura fino a
questo punto non ci avrebbero potuto mai sperare, nemmeno
se avessero avuto il più fantastico e ostinato ottimismo
di questo mondo.