ULDERICO E LAURINA
Molti anni fa, subito dopo la guerra, quando le rovine e
la miseria affliggevano ancora la gente, viveva a Montuolo
- un grazioso paese vicino a Lucca - un uomo molto ricco,
di nome Ulderico; aveva terre, case e denaro in gran quantità;
durante la guerra si era ancora di più arricchito,
e correva voce che forse non vi era all'intorno alcuno che
si potesse dire egualmente fortunato.
Lui lo sapeva, se ne gloriava e quando passava sul suo calesse
godeva al pensiero della molta invidia che riusciva a destare.
In paese poteva dirsi il padrone.
Era però avanti con gli anni e da qualche tempo gli
era venuto il desiderio di prendere moglie.
Donne ne aveva avute di ogni specie: bionde, rosse, brune,
gialle, nere, grasse, magre. Tutti lo sapevano libertino,
e quando in paese si voleva vedere una bella donna, non
si doveva fare altro che appostarsi davanti all'uscio della
sua casa.
I più giovani si leccavano le labbra, assaporavano
con la fantasia quei frutti proibiti.
Ma ora, forse per l'età, sentiva il bisogno di avere
tutta per sé una donna che lo accudisse, lo comprendesse,
con cui confidarsi e alla quale dare la sua fiducia.
La voleva però anche giovane e bella, poiché
si sentiva ancora uomo vigoroso che poteva accontentare
in tutto una giovane moglie.
Ne parlò con gli amici. Alcuni gli davano ragione,
poteva permetterselo per tanti motivi e soprattutto perché
era ricco e ancora uomo piacente; altri cercavano di farlo
desistere: prenditi la donna quando ne hai voglia e sceglila
lì per lì secondo il piacere del momento,
poi rimandala a casa sua. La moglie è un impiastro,
ti gira sempre intorno; e vuol sapere cosa fai, e vuol sapere
dove vai, e quando è nervosa e quando è imbronciata
e quando non la coccoli abbastanza, e quando non sei contento
di lei. Insomma, è un vero tormento che ti metti
per casa, gli dicevano. Non sei più libero di fare
niente. È gelosa se non la guardi abbastanza, ti
fa cornuto se gli stai troppo addosso.
Ma Ulderico sentiva di averne bisogno e che non doveva essere
quel gran male se era vero che la maggior parte degli uomini
a questo mondo si sposa.
Pregò gli amici di aiutarlo nell'impresa; li avrebbe
ricompensati con molto denaro.
E gli amici si misero subito al lavoro; batterono il paese
e la città in cerca di una giovane che rispondesse
ai desideri di Ulderico.
Anche lui si dette da fare, e occhiava tutte le pollastrelle
che gli capitavano a tiro; ma questa gli pareva troppo vecchia,
quella troppo grassa, quest'altra un po' civettuola, quell'altra
troppo musona; insomma più di trenta ne vide da sé
e più di cinquanta furono quelle che gli portarono
innanzi i compagni, snidate dalla città e da tutta
la campagna.
Finalmente ecco che un amico un giorno gli dice:
"Ulderico, oggi ti porto con me a conoscere la tua
sposa."
"Ne ho viste tante e vedrò anche questa, ma
comincio a disperare di trovarne una come m'intendo io."
"Son sicuro che questa è la volta buona, caro
Ulderico, e ti giuro che se non fossi già sposato,
la giovinetta sarebbe la moglie ideale anche per me. Non
ha ancora vent'anni, ha un musetto così garbato da
incantare perfino i serpenti, occhietti vispi e neri, e
una figurina ben modellata da lasciarci piantati gli occhi,
una di quelle statuine, ti dico, che ti metti lì
a girarle intorno e non ti stancheresti mai di rimirarla.
Ma questa, a differenza, è viva e vegeta, e mi hanno
detto anche che sa fare di tutto in casa e se prende a ben
volere il marito, gli si assoggetta come un cagnolino. Vieni
con me Ulderico e non ti pentirai di avermi dato ascolto."
Immaginatevi l'anziano libertino a sentire tali descrizioni
della ragazza!
Dette subito ordine di preparare il calesse e se ne partì
in tutta fretta con l'amico, diretto a un certo paese non
molto distante da lì.
La ragazza valeva davvero tanta premura. Era così
graziosa che si poteva senz'altro dire che nei dintorni
ve ne erano pochissime come lei; soltanto che l'amico, d'accordo
con gli altri compagni, voleva fare un bel tiro a Ulderico
e la ragazza, per la verità, non era affatto quella
sposa ideale che il poveretto cercava.
Aveva tanti mai corteggiatori (e quell'amico era uno di
loro) che prima o poi a qualcuno aveva ceduto le sue grazie,
e senza pentirsi, giacché la cosa le era piaciuta
la prima volta e continuava a piacerle; furba come una volpe,
pochi riuscivano a ingraziarsela se lei non voleva, ed erano
rari quelli che le potevano stare alla pari in astuzia e
malizia.
Sapeva fare la coccolina quand'era il caso, e sapeva farla
tanto bene che sembrava quella la sua vera natura; tirava
fuori le unghie, invece, quand'erano in gioco i suoi interessi;
le piaceva il denaro ed era attratta dagli uomini che ne
avevano.
Perciò, quando l'amico corteggiatore le narrò
il proponimento di Ulderico e descrisse con dovizia di particolari
le sue ricchezze, la leggiadra Laurina (questo era il suo
nome) si offrì di diventare la moglie tanto desiderata.
"Dovrai essere dolce come lo zucchero e remissiva come
una schiava."
"Non troverà di meglio a questo mondo, come
è vero che è ricco sfondato."
Quando giunsero al paese, perciò, trovarono Laurina
bell'e preparata alla parte; infatti stava sciorinando dei
panni appena lavati. Canticchiava e l'allegria la rendeva
ancora più bella.
Ulderico dapprima non volle farsi vedere; con l'amico la
osservò di nascosto, e Laurina, da furba qual era,
sapendosi rimirata, faceva certe moine che Ulderico uscì
da quell'appostamento stregato. Aveva il sangue alla testa
e non vedeva l'ora di stringere tra le sue braccia quel
corpicino delizioso.
In quattro e quattr'otto, senza perdersi in preamboli, si
presentò alla ragazza e chiese di sposarla.
Laurina si finse sorpresa e vergognosa; diventò tutta
rossa e si nascose il viso con un fazzoletto che stava sciorinando
al sole.
"Sono ancora troppo giovane. Eppoi i miei genitori
non mi lascerebbero venir via di casa, ora che il mio aiuto
è indispensabile; sono così vecchi..."
"Discorrerò con loro. Aggiusterò ogni
cosa."
"Non sono certa di essere una buona moglie."
"Lo sarete, di questo garantisco io" intervenne
l'amico.
"Certo che sarete per me una buona moglie. Me ne intendo
io di donne" aggiunse Ulderico.
Dopo un tira e molla che durò per più giorni
(i genitori acconsentirono, naturalmente, ma Laurina dichiarava
a bella posta di sentirsi indegna) venne combinato il matrimonio,
che si celebrò di lì a pochi giorni con un
grande accorrere di gente e soprattutto di tutti gli amici
di Ulderico, che non vollero perdersi lo spettacolo da loro
stessi preparato.
Ulderico, elegante e impettito, entrò in chiesa con
il solo pensiero di potersi poi godere quella mogliettina;
Laurina con quello invece di mettere le mani su di un patrimonio
che le avrebbe assicurato agiatezza e capricci.
"Questo vecchio rimbambito, so io come rigirarmelo"
pensò, mentre il prete benediceva le fedi nuziali.
Uscirono sotto una pioggia di riso, di grida, di applausi.
Gli amici confidarono a Ulderico di invidiargli quella sposa
così fresca e modesta. Fecero, strizzandogli l'occhio,
qualche allusione alle gioie che lo sposo avrebbe assaporato
quella prima notte.
Ulderico lasciò intendere che in quel giorno non
si sarebbe scambiato con nessun altro al mondo, tanto era
felice.
La notte fu tale e quale Ulderico l'aveva immaginata.
La sposina non gli fece mancare proprio nulla, ed ora con
il tale garbo, ora con la talaltra maniera, riuscì
a soddisfare in tutto e per tutto il consumato Ulderico,
che fu lieto di trovarsi di fronte ad una giovane che mostrava
di non avere alcuna inibizione.
"Mi aspettavo che tu fossi vergognosa" le disse
ad un certo punto, ma lei fu subito lesta:
"Sei il mio adoratissimo sposo, che amo e che voglio
far felice."
A Ulderico non passò per la mente dove e come quella
pollastrella avesse imparato tanta arte e, da vero sciocco,
credette che fosse una felice combinazione della sorte.
La mattina dopo spalancò le finestre e respirò
a pieni polmoni, tutto felice.
Qualche amico era già sotto ad aspettarlo.
"Come va, Ulderico? E che lo domando a fare, si vede
bene che stanotte non hai chiuso occhio."
"Una vera fortuna, Venanzio. Non mi poteva capitare
una sposa migliore."
E infatti i primi tempi furono rose e fiori. I due erano
visti sempre insieme a passeggio per il paese, una coppia
davvero ben assortita. E quando lui era al lavoro, lei restava
in casa a sfaccendare, batteva i panni e li stendeva alla
finestra, e spazzava, rifaceva i letti, preparava il desinare,
accudiva al bel giardino.
Le notti poi, furono tutte tali e quali alla prima.
Ulderico si sentiva come stregato dalla donna; ogni volta
che la sera gli stava accanto, il sangue si rimescolava,
e avvertiva di non poter più fare a meno di lei.
In questo modo Laurina, a poco a poco, lo ebbe in pugno;
le sue grazie la resero padrona anziché schiava e
bastava che lei mettesse il broncio per un rimprovero dello
sposo, che questi subito cercava in ogni modo di riparare.
Le si faceva intorno e non smetteva di piagnucolare finché
la donna non lo aveva perdonato.
Erano queste le migliori occasioni per farsi regalare i
doni più desiderati: preziose collane, vestiti, anelli,
bracciali, gite di piacere nei posti più belli del
mondo, anche luoghi lontani. A volte stavano fuori per mesi
e nessuno sapeva dove fossero andati.
Passò qualche anno e Laurina si era già levata
molti capricci; Ulderico non aveva più potere su
di lei, anche se credeva di averne.
Quel corpicino desiderato lo rendeva il vero schiavo dei
due.
Laurina pensò quindi giunto il momento di ricominciare
ad avere qualche amante; ricordava il tempo in cui un bell'uomo
la faceva innamorare e tornò a cercarne, cominciando
da quegli amici di Ulderico che già l'avevano conosciuta.
Oh, seppe fare tutto così bene di nascosto che nessuno
sospettò mai di nulla!
Ancora andavano in giro insieme i due sposi; ancora, anche
se più di rado, Ulderico aveva le sue notti di soddisfazioni.
Gli amici che si trovarono favoriti dalla bella Laurina,
lodavano in cuor loro il giorno in cui avevano avuto l'idea
di dare in sposa la giovane al vecchio Ulderico. Ora non
dovevano andare lontano per spegnere i loro ardori amorosi!
Trascorsero altri anni, e mentre Ulderico invecchiava a
vista d'occhio, Laurina si faceva sempre più bella
e si accresceva il numero dei suoi corteggiatori.
Ora non si nascondeva più ed era successo anche che
s'era portato in casa l'amante, mentre il vecchio era fuori
per affari.
Accadde così che un giorno Ulderico scoprì
la tresca.
Dapprima la sospettò, incontrando qualche volta al
cancello uno o l'altro dei suoi amici che usciva da casa
sua.
Qualche saluto furtivo, qualche scusa che apparve posticcia
al vecchio, ed ecco che un giorno qualcuno con una confidenza
aprì definitivamente gli occhi a Ulderico.
Non faticò nemmeno molto ad ottenere la confessione
di Laurina, anzi questa al primo brontolio del vecchio ammise
tutto quanto.
"Cosa credevi?" rispose inviperita "che mi
accontentassi d'un uomo vecchio come te? Guardami, sono
molto più giovane e sono ancora bella; ho anch'io
i miei diritti. Si vive una volta sola, caro il mio Ulderico."
"Bada a come parli."
"Parlo, parlo e so quel che dico. Ti faccio mancare
forse qualcosa? Hai da lamentarti come marito, o invece
non è anche troppo quello che ti do?"
Sapeva Laurina che tanto l'uomo l'aveva ben accalappiato
con le sue moine e quel che gli dava era più che
bastevole, e Ulderico ormai non ne poteva più fare
a meno.
"Se non ti va, bisogna che ti accontenti" concluse.
Il vecchio, che diveniva color paonazzo dalla bile, non
ebbe mai il coraggio di dirle che la scacciava di casa e
che poteva tornarsene al suo paese a fare la sgualdrina.
Si sentiva attaccato a lei, avvinghiato dalla lussuria.
Dove avrebbe trovato, alla sua età, una donna tanto
bella, che si sottomettesse ai suoi capricci amorosi?
Così, dopo i primi mesi in cui era scontroso, brontolone,
sempre corrucciato, Laurina, con moine e scherzi sapientemente
dosati, riuscì ad accattivarselo di nuovo; lui le
sorrise e da quel giorno lasciò correre, non dette
più ascolto alle chiacchiere, ai pettegolezzi e pensò
che in fondo in fondo era meglio far finta di niente.
Laurina, per qualche diavoleria, era intanto diventata ancora
più bella; vivace nel carattere, furba e attenta,
aveva guadagnato nel corpo una bellezza procace, in cui
l'occhio del lussurioso riusciva a perdersi in sogni, in
smanie. Quando usciva per strada, tutti gli sguardi erano
per lei, e Laurina sembrava gustarli uno ad uno, misurarne
il calore, l'intensità sul suo corpo.
Ulderico dovette sopportare ancora di più e un giorno,
lui in casa, dovette far finta di niente quando Laurina
si chiuse in camera con l'amante!
Divenne a poco a poco una cosa normale, un'abitudine quasi
giornaliera.
Qualcuno ora lo salutava chiedendo notizie della moglie:
"Come sta Laurina, sempre in gamba, eh?" e Ulderico
vi leggeva l'intenzione, l'ammiccamento.
Ma come poteva liberarsi da quella incresciosa situazione?
Gli amici ormai lo schernivano:
"Ma che dici Ulderico! Ti lamenti di Laurina, ma se
tutto il paese ne parla così bene!"
"È una donna che ha molte qualità."
"Non dice mai di no al prossimo. È sempre pronta
a donare."
Una notte Ulderico non rientrò a casa; malinconico,
scoraggiato, trovò una camera in una locanda lontana
dal suo paese, e lì certe volte prese a fermarsi.
Tentava di liberarsi della donna; starne lontano forse gli
avrebbe giovato a prendere una decisione. Però non
durava molto il tentativo, poiché l'uomo si sentiva
diabolicamente legato a quelle arti amorose.
E così una notte tornò precipitosamente a
casa, ma trovò il suo posto occupato.
"Tornatene da dove sei venuto" gli gridò
da dietro la porta Laurina.
La mattina dopo ci fu una bella sfuriata.
"Maledetta sgualdrina. Sei la mia rovina, mi farai
crepare anzitempo."
E lei zitta, e ogni tanto:
"Hai finito? Così impari a star fuori la notte;
che credevi, che non avessi qualcuno da farmi scaldare il
letto?"
"Tu sia maledetta e sia maledetta questa casa"
concluse gridando Ulderico.
E da quel giorno non uscì più di casa; si
arredò una stanza tutta per sé e vi si rinchiuse
giorno e notte.
A Laurina non parve vero. Si sentì autorizzata a
far tutto ciò che voleva. E lo fece.
Ulderico si ammalò presto; e una sera, che era l'ultima
della sua vita, mentre Laurina, con accanto l'amante, si
era chinata su di lui per sentire se ancora respirava, lo
udì bisbigliare:
"Non ti darò pace, sgualdrina. Per il resto
della tua vita, ti farò ricordare di me."
Detto questo, spirò, mentre Laurina con un'alzata
di spalle si riportava in camera il compare.
Dopo qualche tempo, cominciarono ad accadere cose strane
in quella casa.
Chi c'era stato e aveva visto raccontava che, mentre egli
se ne stava in camera con Laurina, ad un tratto si udivano
dei rumori, poi dei passi nel corridoio ben distinti, si
apriva la porta della stanza, ma nessuno compariva; i due
disgraziati restavano seduti sul letto con gli occhi sbarrati
dalla paura; qualcuno strappava loro le coperte e sghignazzava,
finché l'amante, alla fine, non scappava mezzo nudo
e terrorizzato.
Solo Laurina restava come inebetita, ricordando le parole
del vecchio.
Il fatto si ripeté molte volte e così tutti
seppero che Ulderico tornava la notte a vendicarsi.
Laurina dapprima non si rassegnò; visitò fattucchiere
e stregoni in cerca di un rimedio alla sciagura, ma quando
i giovani l'abbandonarono e non vollero più saperne
del suo letto, si vide davvero disperata.
Si adattò ai più anziani, poi ai vecchi soli
che non avevano donne da frequentare. Ma anche a questi
accaddero quegli straordinari eventi e non resistettero
a lungo.
Per farla corta, Laurina fu costretta a vivere sola, e ogni
sera a sentirsi comparire dinanzi l'invisibile presenza,
che la tormentava coi dispetti e le paure più atroci.
Ne morì; e c'è chi dice che quel pomeriggio
Ulderico apparve come in carne ed ossa, le si accostò
e mentre Laurina emetteva l'ultimo respiro, qualcuno lo
sentì esclamare:
"Finalmente!"
Da quel giorno, nessuno abitò più la vecchia
casa.
Chi ci aveva provato, raccontava di aver sentito per le
stanze muoversi come un filo d'aria e percepito degli strani
bisbigli.
Altri sostennero, invece, che con la morte di Laurina, Ulderico
se n'era andato per sempre; tuttavia non una sola persona
ebbe più il coraggio di mettervi piede.